Il secondo posto nel Mondiale per il terzo anno consecutivo è un bel fiore all’occhiello per Ducati, soprattutto considerato che siamo nell’era del marziano Marc Marquez. Ma a Borgo Panigale non è così. Se il secondo posto nel Mondiale 2017 era stato salutato come un trionfo, lo stesso risultato ottenuto nel 2019 è stato celebrato con toni molto più pacati.

“Il secondo è il primo dei perdenti”, aveva detto Gigi Dall’Igna, il Direttore Generale di Ducati Corse, in occasione della presentazione del team, “dopo tre anni da vice-campioni, il nostro obiettivo non cambia e affrontiamo il 2020 ancora più determinati”.

Per arrestare lo strapotere di Marquez su Honda, Ducati ha continuato lo sviluppo della Desmosedici e schiererà quattro moto ufficiali.

Quanto ai piloti, il team factory conferma il duo Andrea Dovizioso (il secondo miglior pilota degli ultimi tre anni) e Danilo Petrucci, mentre nel team satellite Pramac Ducati correranno Jack Miller e Pecco Bagnaia

Con il mercato-piloti esploso ancor prima dell’inizio del campionato e gli equilibri sostanzialmente invariati –   Marquez in Honda fino al 2024, Vinales e Quartararo in Yamaha fino al 2022, Rins in Suzuki, mentre Jorge Lorenzo è rientrato come collaudatore Yamaha – per battere Marquez Ducati può solo contare su Dovizioso e una GP20 ancora più competitiva per il 2020 e, molto probabilmente, anche per gli anni futuri.

“A Borgo Panigale abbiamo lavorato a 360 gradi: su motore, telaio, elettronica ed aerodinamica”, ha sottolineato Paolo Ciabatti, Direttore Sportivo di Ducati Corse, “per battere Marquez dobbiamo avere una moto molto competitiva”.

Fiore all’occhiello della Desmosedici, a Borgo Panigale si è lavorato anche sul motore. “Lo scorso anno Honda aveva recuperato il margine di circa 10 cavalli che avevamo”, ha confessato il collaudatore Michele Pirro, “abbiamo lavorato per chiudere il gap e possiamo dirci abbastanza soddisfatti”.

Quanto all’aerodinamica, Gigi Dall’Igna ed il suo staff si sono sempre distinti per genialità e creatività. “La stabilità del regolamento tecnico e le limitazioni non ci lasciano molto spazio di azione, ma è compito di ogni ingegnere studiare soluzioni alternative nelle pieghe del regolamento”, aveva dichiarato Dall’Igna.

E così è stato. La novità, testata in occasione degli ultimi test del Qatar ha lasciato il paddock della MotoGP a bocca aperta. Si tratta del cosiddetto holeshot 2.0, un sistema che consente di abbassare il centro di gravità della moto e, per la Ducati, della ruota posteriore. Il risultato? un aiuto soprattutto in accelerazione e in uscita dalle curve.

In realtà non si tratta di una novità assoluta. Jack Miller  utilizzava un simile dispositivo già dal GP della Tailandia 2019 e l’holeshot era generalmente utilizzato per le partenze. Per la prima volta, però, nei test in Qatar il congegno è stato utilizzato per variare, in movimento, l’assetto della moto. Da qui, due i vantaggi per i piloti Ducati: sul rettilineo la moto si abbassa e il baricentro della MotoGP è più vicino all’asfalto, riducendo la tendenza all’impennata. Inoltre, abbassare di due/tre centimetri il posteriore, significa aumentare l’angolo di sterzo, di conseguenza la moto diventa più stabile. L’aspetto negativo è che per un pilota è difficile azionare i due tasti mentre si viaggia a velocità sostenute.

Come per tutte le novità, intorno all’holeshot 2.0 aleggia ancora un alone di mistero ed in attesa di conoscerne i reali vantaggi, gli altri team si dicono pronti a copiare l’innovazione ideata da Ducati, che ancora una volta non teme di osare per spostare l’asticella sempre più avanti.

Share